Auschwitz

Libertà e Dignità

Una semplice lettera dell’alfabeto, indifesa, povera e trascurata fece saltare i nervi agli ufficiali del campo.  

Quell’anelito di libertà si alzò una mattina qualsiasi sopra il cancello del campo, era la lettera B che componeva la frase “Arbeit macht frei”.  

A un fabbro polacco, umile artigiano del ferro e prigioniero politico venne ordinato la targa da inserire sopra l’ingresso principale . . . i tedeschi  lo avevano ripreso, modificandolo,  da un passo del Vangelo di S. Giovanni “la verità rende liberi”. 

Era il beffardo saluto di benvenuto ai prigionieri che, invece, mai poterono riavere la loro libertà.  

Kapo Muller era anche responsabile dell’officina che costruiva anche lampioni, inferriate, sbarre, cancelli.  

Il prigioniero si mise subito al lavoro per comporre le lettere, lasciando per ultima la B e fece in modo che l’occhiello piccolo risultasse in basso e non uguale a quello superiore.  

Quel prigioniero voleva fare qualcosa che non desse molto nell’occhio, ma che potesse gridare (sottovoce) la sua ribellione al mondo di morte che lo circondava. Non aveva altri mezzi per mettere in pratica il suo azzardato e rischiosissimo progetto. 

Ma qualcuno, a lavoro ultimato, a un certo momento guardò là in alto, sopra il cancello e si accorse, il prigioniero fu fucilato davanti all’officina.