Questo è stato il mio incontro più emozionante.

L’incontro che diede una pesante certezza alla mia storia fu quello impensabile e miracoloso avvenuto qualche anno prima, in mezzo alla folla che riempiva la fortezza austriaca di Mauthausen in Austria.
Eravamo arrivati con una delegazione di Sesto S. Giovanni, da  Milano, per le annuali celebrazioni dell’anniversario di liberazione del famigerato lager nazista. Migliaia le persone, molti ancora i reduci proveniente da tutta Europa, ma anche dalle Americhe e dall’Australia.
Avevo lasciato il mio gruppo, poco dopo ritornai con loro e trovai una signora che stava parlando solennemente con toni appassionati, della storia della Costituzione italiana che lei, 60 anni prima, aveva  contribuito a far nascere. Era dunque una madre della Patria, il suo nome mi era sconosciuto, senatrice TERESA MATTEI.  Parlò anche delle difficoltà per l’istituzione della Costituente . . . improvvisamente mi colpì un pensiero, la mamma Augusta era stata invitata anche lei a Roma per candidarsi alla Costituente, presi la mia decisione e mi avvicinai alla gentile signora dai capelli bianchi, ma dallo sguardo dolce, penetrante.

Signora, forse lei in quel tempo a Roma conobbe una donna, in compagnia di Giuliano Pajetta, che era stata deportata e che aveva avuto un bambino, a seguito di una violenza, in un lager ?
Quella signora si fermò all’improvviso, socchiuse gli occhi e lentamente mi disse:
Tu sei la bambina, il tuo nome è NATALIBERA?No signora, la mia mamma avrebbe dovuto impormi quel nome, ma io mi chiamo Maria Rosa
 
Allora tu sei quella bambina che ha salvato Giuliano Pajetta, ero una sua confidente, "So  la tua storia

Fui colta da un’emozione profondissima che non mi fece parlare per molti minuti. Mi ero ripiegata su me stessa, cercavo di non svenire per non perdere quell’attimo fulgente che aveva dato chiarezza a una verità, tenuta nascosta quasi 40 anni. La certezza delle sue parole  mi avevano come circondato di un calore immenso, a poco a poco risalìì da quel vortice di emozioni e ci abbracciammo felici. Erano passati pochi secondi in verità, a me invece era passata davanti agli occhi tutta la mia storia.  Tutti intorno a noi avevano capito quale miracolo era avvenuto, la signora Mattei stessa era sconvolta  ma felice. Se solo avessi mancato di recarmi  in quel momento, davanti al monumento dei deportati italiani, non ci saremmo mai incontrate . . . quel giorno compresi la vera felicità esistenzialista, quel lager mi apparve come una grande piazza in cui tutti passano, s’incontrano, si salutano, si abbracciano. Quel giorno, forse per la prima volta, vidi fisicamente accanto a me quella madre che mi aveva partorito e che aveva poi dato ad un’altra madre . . . durante quel giorno, ricordo, ebbi diverse crisi di pianto:  penso che mai nessuno abbia pianto così spesso per felicità.
Ritrovai la mia cara amica Teresa Mattei diverse altre volte in occasione dei giorni della memoria.
Essa, a conferma del suo racconto, volle scrivermi la sua testimonianza sulla mia mamma, ricordando le confidenze dell’amico Giuliano Pajetta. Era stato per lei un compagno affettuoso e sincero nel Parlamento italiano, ma era un uomo chiuso nei suoi ricordi della deportazione. Fu una notte, durante un tragitto da Roma a Milano, che volle raccontare a Teresa l’episodio della compagna che aspettava un bimbo.

Molti anni dopo arriverà anche il momento di incontrare la famiglia del figlio di Giuliano. Fu questo dovuto, ancora una volta, all’interessamento della signora Teresa . . .  Fu quella una giornata tutta particolare, a ricordo di una persona da me sconosciuta, ma che mi  aveva  dato la possibilità di nascere . . . ” A loro raccontai come il giovane Giuliano si era avvicinato alla compagna e le aveva detto “il tuo bambino deve nascere, lo chiamerai Natolibero perché ricordi la nostra vittoria sul nazismo .

Chi è TERESA MATTEI

La storia della vita di questa donna sembra una sceneggiatura di un film d’azione. Fin dalla più giovane età la sua famiglia fu colpita da dolori e da sofferenze.  L’antifascismo  nella famiglia nacque allorquando il padre minacciò il futuro capo del regime, che con arroganza esigeva un telefono personale presso il giornale Il Popolo d’Italia.  A soli 16 anni fu mandata in Francia per portare denaro ai fratelli Rosselli, al ritorno fu arrestata nella canonica a Bozzolo, di don Primo Mazzolari. Fu rilasciata ma continuò nel distribuire volantini stampati clandestinamente e in modo rudimentale in casa.Nel 1938, quando ci furono le leggi razziali, fu radiata da tutte le scuole d’Italia perché non ne voleva sentire parlare, si era allontanata dall’aula.
Fu così aiutata nello studio da due grandi amici del padre, Calamandrei e La Pira. Il 30 settembre del 1943 Teresa è presente, insieme al fratello che è assistente del prof. Natta, a un incontro d’alto livello di intellettuali milanesi al Politecnico, riunitisi per impegnarsi a lottare contro il fascismo, poi arrivò l’otto settembre.. Il fratello abbandonò insegnamento e studi e formò i primi gruppi armati in Valfurva per predisporvi un campo di lancio, poco dopo è a Roma, insieme alla sorella Teresa, che ha preso il nome di battaglia di Chicchi.  Gianfranco organizzò la “Santa Barbara” di via Giulia mentre alla sorella fu dato il primo ordine per un’azione impegnativa. Con un compagno avrebbe dovuto far saltare dei vagoni di dinamite nascosti in un tunnel. Con un compagno portò a termine l’azione ma l’amico perse la vita. Era ricercata dalla polizia tedesca. Un’altra volta fu mandata da Firenze a Roma per consegnare le matrici per stampare il giornale L’Unità. Fu intercettata dai tedeschi che la fermarono, la rinchiusero in un cascinale e nella notte fu violentata da cinque di loro . . . Ma non trovarono le matrici.
 
Divenne partigiana combattente nella formazione garibaldina “Fronte della gioventù” con la qualifica di Comandante di Compagnia.  Il fratello Gianfranco, arrestato a Roma si suicidò a via Tasso per non rivelare i nomi dei compagni che preparavano l’attentato di via Rasella
L’ultimo messaggio di Gianfranco era scritto su un assegno datogli da Natta e diceva :
”Carissimi, temo che queste saranno le mie ultime parole. Sapete quale legame profondo mi lega a voi, siate forti, vi abbraccio”.

Anni dopo il  premio Nobel Natta dedicò a lui l’ambito riconoscimento ricevuto.

A lei, intrepida combattente, il maestro Roberto Rossellini si ispirò per la scena in cui si vedeva una ragazza che attraversa pericolosamente la Galleria degli Uffizi per raggiungere i compagni di lotta.
Fu la più giovane rappresentante dell’Assemblea Costituente del collegio Firenze e Pistoia.
Ha inventato il simbolo della mimosa per la ricorrenza dell’8 marzo, festa della donna.
Nel 1947 fonda l’Ente per la Tutela morale del fanciullo, nel 1955 viene espulsa dal partito comunista per un profondo dissenso con Togliatti.
Negli anni 60 fonda a Milano un centro Studi per la progettazione di nuovi servizi e prodotti per l’infanzia.  Fu anche Presidente di una cooperativa che realizzava film interamente frutto dell’impegno di piccoli  handicappati  con l’aiuto degli insegnanti.
Fu chiamata a testimoniare nel processo Priebke. Fu un importante testimone civile, ma con brevetto di partigiana, riuscì a portare avanti  il progetto di far giudicare Priebke, nuovamente,  da un tribunale civile, perché il nazista era un poliziotto e non un militare.

Nella restante parte della mia vita sto lavorando  con i bambini e i giovani, cerco di portare innanzi il mio impegno civile che negli anni ha avuto forme diverse. I giovani sono il nostro futuro

Nelle scuole ho potuto incontrare spesso una gentile signora dai capelli argentei e dai modi gentili, ma decisi: era la staffetta SANDRA, alias Onorina Brambilla Pesce, che fece parte del 3° GAP milanese, durante la resistenza. Era la fidanzata del famoso comandante VISONE, alias GIOVANNI PESCE, che poi sposò dopo la guerra. Sono ancora insieme e spesso, insieme, parlano ai giovani delle loro esperienze e credono in loro e nei loro buoni propositi di democrazia e di solidarietà. Sono ancora due giovani ottantenni, con uno spirito indomabile e instancabile.