Sono essi il nostro futuro,
è vero, ma siamo sicuri di
porgere loro un mondo migliore ?
I
ragazzini delle scuole elementari assorbono moltissimo ciò
che diciamo loro e
sono capaci di interiorizzare le idee, sanno sviluppare un sano
ragionamento
che divide il mondo in buoni e cattivi, e tutti, entusiasticamente,
diventerebbero difensori dei più deboli e dei più
derelitti, sanno mettersi nei
panni dei più deboli e portar loro tante cose nuove e belle
come la giustizia e
la solidarietà. Ma poi si entra nel mondo delle scuole
superiori e forse, per
mancanza anche della presenza di una famiglia unita, questi ragazzi
diventano
cinici e menefreghisti, cercando di ottenere quei simboli che li
autorizzano ad
entrare in una certa cultura moderna, dove però i simboli fondamentali sono
dimenticati.
Dentro di loro è rimasto
qualcosa ascoltato nella loro
infanzia, tornano alla mente certi racconti, ricordano gli insegnamenti
delle
maestre più sensibili, la nuova generazione porta con
sé buoni semi che daranno
ottimi frutti.
Uno accanto all’altro,
nella piccola e raccolta piazzetta
“della Memoria, abbellita da un monumento e da una scultura
lignea opera del Cevese
Gian Mario Monella, hanno parlato a tutti i cittadini mentre
numerosissime
bandiere sventolavano al vento nella calda mattinata di luglio.
Il sindaco, dopo
vent’anni di duro lavoro, ha voluto passare il testimone a un
giovane: vi è
stato il passaggio generazionale e fin quando si riuscirà a
passare queste
esperienze, siamo sicuri che il mondo vivrà una pace stabile
e forse, sicura.
Un immagine terrificante
è sempre nella mia memoria: è una
testimonianza del 25 giugno del 1944 ad Auschwitz:
“Dai
magazzini del campo effetti, il Canada, che si trova fra i crematori
III e IV,
sono portate via carrozzine vuote. Questo macabro corteo è in fila di cinque ciascuna
lungo la via che
porta dai crematori alla stazione ferroviaria. Il trasporto dura oltre
un’ora,
anche i fantasmi dei neonati soppressi deve procedere come
sempre.”
Quell’immagine mi
perseguitava, quei fantasmi non avevano
mai avuto voce, io non ero un fantasma, io ero di carne e di ossa, e
potevo
parlare a nome loro, sentì questo come un dovere e
così nacque un mio progetto,
che ho potuto realizzare.
Questo è avvenuto grazie
alla mia meravigliosa famiglia, che
mi ha dato spazio e tempo per attuarlo. Un progetto che
consiste nel raccontare ai giovani e ai
giovanissimi, gli orrori della guerra attraverso le scarse
testimonianze di
bambini che vissero quel periodo come vittime delle persecuzioni, come rifugiati, come
clandestini, come
schiavi lavoratori. Ho voluto portare avanti il ricordo dei
neonati nei
lager, quasi due milioni di vittime, e solo due neonate sopravissute.